#Moodysdeclassa. Si apre un cancelletto e si chiude un portone.

moodysTra venerdì scorso e lunedì, l’agenzia di rating Moody’s declassa 10 banche e 23 enti locali italiani, i titoli di Stato passano da A3 a Baa2 e sforbicia 3 grandi compagnie di assicurazione, Generali, Allianz e Unipol. Così, giusto per dare il benvenuto a Mario Monti a Sun Valley, alla conferenza annuale di Allen&Co., al raduno dei big dei media e della new economy. Tutto questo mentre eravamo distratti a seguire l’incontro a Roma di un manipolo di fra loro semisconosciuti al #TwitandShoutParty, notizia che, chissà perché poi, non è stata riportata nemmeno dall’ANSA.

Dunque i nostri ignoranti occhi da economisti dell’ultim’ora hanno letto che Moody’s “mantiene un outlook negativo”, facendo pensare alla maggior parte di noi che in fondo l’ultima versione del client di posta elettronica di Microsoft non fosse così male. Standard & Poor’s, Fitch, Moody’s, possono società dai nomi così strampalati far caracollare più di un’intera nazione? 

Capirete, noi ci riusciamo benissimo anche da soli, ma non è questo il punto. Molto semplicisticamente, sembra tutto ridursi al “Ma come ti vesti?!” della coppia Miccio-Gozzi, tradotto in “Ma come ti amministri?!”. Caro Signor Moody’s, Lei non può svegliarsi una mattina non con il piede giusto, quello destro, puntare il suo enorme dito contro tutto e tutti e declassare, declassare, declassare… Risulta così esasperatamente ironico che persino Twitter se n’è accorto, “arrendendosi” ad un destino di vite, lavori, personaggi, libri, film, tutti al ribasso con l’hashtag #Moodysdeclassa.

Uno dei più ispirati, a giudicare dal riscontro avuto, dell’ultimo mese, insieme a #QuerelaConPaola, altro carro allegorico di iperboliche denunce contro fantomatici terzi. Così, dunque, nasce e cresce un cancelletto, aprendosi su una notizia o un accadimento che ha già in sé il seme dell’esagerazione e che trova, in tanti di noi, terreno fertile per diventare in poche ore un virgulto di tutto rispetto.

Caso a parte sono gli hashtag sui film, veri e propri funghi infestanti che spuntano un po’ dovunque, ma che poi, in fondo, ognuno di noi ha trovato almeno una volta commestibili, cogliendoli. E’ altrettanto facile che il giovane virgulto si autoalimenti crescendo in maniera spropositata, e che su quel cancelletto si avvinghi un’edera che non si riesce ad estirpare per l’intera giornata e più. Avete mai provato a non aderire ad un hashtag nel momento del suo massimo fulgore? Un po’ come scrivere di venerdì senza il #FF davanti ad ogni cosa scritta, insomma.

Ho visto gli stessi “giardinieri”, proprietari intellettuali del cancelletto, intervenire col diserbante per arrestare detta crescita che molto spesso, poi, sfugge anche ai confini del lotto di Twitter, allargandosi a testate giornalistiche che innaffiano il loro bell’orticello. Può esistere un perfetto prato all’inglese, in un giardino all’italiana (?), senza la sua gramigna? Certamente no.

E così, potenzialmente, ogni cosa, ogni parola può diventare un cancelletto, dal #ciao al #buongiorno al #perdire, fino al #soncose. E mentre vi sto scrivendo è risorto, sì perché i cancelletti possono riemergere anche dopo più di tre giorni, il #FreeRossellaUrru, in ormai storica accoppiata con #èMeritodiFiorello, ovvero come un cancello può cadere in testa ad un VIP e spedirlo in prognosi riservata fuori da Twitter.

Non mi resta che concludere con un #liberitutti di lanciare, cogliere, non cogliere, non un sasso, ma un cancelletto azzurro. Attenti però, che la mano non si nasconde, ma rimane chiusa dentro.

Comments

  1. Magistralmente scritto. Complimenti.

Lascia un commento